Quando il Figlio delluomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti (...). E dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete [o non avete] fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lavete [o non lavete] fatto a me. (Matteo 25,31-45) |
Il più piccolo ci giudicherà
Di Padre Mauro Lepori
La questione
dellaborto è una questione di responsabilità universale.
Tutti siamo chiamati ad essere responsabili della vita di ogni nascituro. Lunico
criterio del giudizio universale e definitivo di Dio sullumanità
è, e sarà, la nostra responsabilità nei confronti dei più
piccoli. Ogni persona, ogni società, ogni epoca, è e sarà
sempre giudicata sullatteggiamento verso i più piccoli.
Ma chi è il più piccolo?
Il più piccolo è
colui che dipende totalmente dagli altri. È colui che ha fame e non può
nutrirsi da sé, che ha sete e non può darsi da bere, che è
forestiero e non può trovarsi una casa, che è nudo e non può
vestirsi da sé, che è malato e non può curarsi da sé,
carcerato, rinchiuso, e non può darsi conforto e libertà da se
stesso. Il più piccolo è definito dalla sua impotenza.
La persona che corrisponde più letteralmente alla tipologia del più
piccolo in mezzo a noi è il bambino in generale e il bambino non-nato
in particolare. Chi è più impotente di un bambino nel grembo materno
nel darsi da mangiare, da bere, nel darsi calore e cure, nel darsi attenzione
e affetto? Non cè, non ci può essere in mezzo a noi un più
piccolo del bimbo concepito nel ventre di sua madre.
Ora, questa assoluta piccolezza impotente, questa piccolezza innocente, totalmente
in balìa di chi è più grande, definisce lo
spazio di tutta la nostra responsabilità. La nostra responsabilità
umana, nel suo esercizio, è sempre definita da chi ci è più
piccolo, da chi dipende da noi in un modo o nellaltro. Il bimbo non-nato,
essendo il più piccolo in assoluto nellumanità, definisce
e determina la responsabilità di ognuno e di tutti. Nessuno sfugge alla
responsabilità nei suoi confronti. Fin dal suo concepimento, limpotenza
totale del nascituro ci giudica, e ci giudica definitivamente.
Questo giudizio non definisce soltanto la responsabilità dei cristiani
e dei credenti perché il più piccolo sta di fronte ad ogni uomo.
Saremo tutti responsabili indipendentemente dalla nostra fede e religione. La
relazione al più piccolo giudica lumanità in quanto tale.
Che civiltà umana abbiamo costruito?
In che umanità viviamo?
Che umanità abbiamo creato e creiamo? Che valore hanno la nostra civiltà
e la nostra cultura? Cè in fondo una sola risposta a queste domande,
o piuttosto un solo criterio di risposta: appunto la responsabilità nei
confronti del più piccolo in mezzo a noi. Dimmi cosa fai del tuo fratello
più piccolo, e ti dirò che civiltà umana sei!
Questo giudizio di valore dovrebbe far tremare la società contemporanea.
Possibile che la civiltà che pretende di aver sviluppato i mezzi più
potenti ed avanzati in ogni ambito sia anche quella che più disprezza,
abbandona e sopprime i suoi membri più inermi?!
In realtà questo atteggiamento è unopzione culturale. Il
progresso rivela le motivazioni che lo determinano dalluso che si fa dei
suoi risultati. È proprio mentre constatiamo che solo accidentalmente
il progresso è messo al servizio di chi più ha bisogno, che ci
viene svelata la natura delle sue intenzioni e il fine delle sue motivazioni.
Viviamo in una cultura che non cerca il progresso per amore delluomo,
ma lo cerca rincorrendo il sogno del superuomo. Quando si rinnega
la responsabilità prioritaria nei confronti del più piccolo e
indifeso, si svela e si rafforza la cultura del superuomo, tesa, non alla crescita
dellamore, ma al raggiungimento, nella competizione senza scrupoli, di
un ideale individualistico di potere.
Lideale del superuomo assume svariate sembianze: ricchezza, potere economico,
politico e culturale, bellezza edonistica, salute fine a se stessa, ecc. Ma
la caratteristica comune dei mille volti del superuomo è in ultima analisi
la menzogna. Il superuomo non esiste e non esisterà mai! Nessuno diventerà
mai quel superuomo verso il quale la cultura dominante ci tende e ci attira.
I modelli di superuomo realizzato, nella ricchezza, nella bellezza, nel successo,
nellintelligenza, sono tutti fasulli, inconsistenti, vuoti di umanità.
Il superuomo è un sogno irrealizzabile che consuma nellinconsistenza
la vita dei più, corrodendo i rapporti, le responsabilità elementari,
lamore della vita, il gusto delloperare, la felicità del
cuore.
Ideologia del superuomo
È a questo sogno
che la cultura della morte sacrifica milioni di bambini. I più piccoli
rimangono sempre dietro di noi nella corsa verso il superuomo irreale. Chi si
ferma ad amare ha perso la corsa e diventa egli stesso uno scarto. Non raggiungerà
più lideale sognato, che comunque nessuno raggiungerà mai.
Chi però si ferma ad amare il più piccolo, chi si ferma ad accoglierlo,
fa lesperienza di una dimensione assolutamente dimenticata dalla cultura
del superuomo: lesperienza della realtà. Il più piccolo,
che sia un bambino nascituro, un portatore di handicap, un anziano, un malato,
uno straniero, un affamato del terzo mondo, un disoccupato..., il più
piccolo ha un vantaggio immenso rispetto al superuomo: il più piccolo
è reale, e lattenzione a lui introduce in un realismo di vita che
è sorgente di verità. Lattenzione al più piccolo
è come il punto dappoggio che permette allesistenza, di una
singola persona o di tutta una società, di fondarsi e costruirsi sulla
verità. Il desiderio del superuomo rende la vita inconsistente e falsa,
mentre lattenzione al più piccolo la rende fondata e vera.
Quando le opzioni esistenziali, filosofiche e politiche abbandonano il realismo
dellattenzione prioritaria e responsabile al più piccolo, immancabilmente
si scade nellideologia. Tutto il dibattito attuale sullaborto diventa
ideologico se non si parte da unattenzione prioritaria allesistenza
e al destino della persona del nascituro. Diventa ideologico il discorso sulla
salute, diventa ideologico il discorso sulla libertà e la dignità
della donna, sulla famiglia, sullo Stato e sulle istituzioni.
Lideologia è un sogno imposto a tutti. La cultura contemporanea
vive dellimposizione a tutti del sogno irrealizzabile del superuomo. E
quando il sogno diventa ideologia non è più innocente,
perché immancabilmente nuoce a chi non può adeguarsi al sogno
e non ha la forza per imporre la propria realtà. Sulla questione dellaborto
la società contemporanea tocca il limite - e il fondo - della propria
impostazione culturale, filosofica e pratica. Dal momento in cui il più
piccolo in assoluto è sacrificato al sogno ideologico, tutta limpalcatura
sociale si sfalda, perché il sogno si infrange sempre contro linnocente
realtà che sacrifica.
Tutta lopzione culturale del mondo occidentale tesa al superuomo si infrange
contro la realtà assurda della soppressione del più debole. Che
superuomo sogniamo se per esistere deve sopprimere il più piccolo e il
più debole?
Una follia suicida
Di fatto, la scelta abortista
è per la civiltà contemporanea una scelta suicida. Non si può
costruire e mantenere un tessuto sociale e culturale umano sulla negazione del
valore inalienabile della persona.
Questa scelta per la morte dellinnocente diventa allora una corruzione
dellumano che immancabilmente logora dallinterno la società
in cui viviamo e che pretendiamo costruire. È come una malattia occulta
che distrugge i tessuti interni del corpo sociale. Il corpo per un po
crede di continuare a vivere come prima, di continuare a lavorare, a costruire,
a realizzare i suoi progetti e i suoi sogni, ma in realtà il suo progetto
è minato dallinterno, come da un virus. Quando poi sulla pelle
appare il bubbone, ci si stupisce, ci si chiede lorigine, ci si protesta
innocenti. Poi ci si affanna eventualmente a curare il bubbone con interventi
locali, estetici, epidermici, che non guariranno il male interno ormai generalizzato.
Quando succedono fatti raccapriccianti, come quello di una donna che in un raptus
di follia uccide selvaggiamente il suo bambino, o come quello degli scolari
che prendono a fucilate i loro compagni di scuola per gioco, tutti si chiedono:
Come mai possono succedere cose simili?! Ma quanti si accorgono
che, al di là di tutte le interpretazioni psicologiche e sociologiche,
la ragione è un consenso tacito e colpevolmente responsabile a costruire
il mondo e la propria vita sopprimendo linnocente in mezzo a noi?
Il nostro mondo potrà salvarsi dalla propria follia suicida solo chinando
la sua attenzione distratta verso la realtà dei più piccoli. Sì,
il più piccolo sarà la nostra condanna senza pietà o la
nostra salvezza: dipende da noi! Solo laccoglienza del piccolo rigenera
il mondo, solo la piccolezza innocente salverà il mondo. Ma quanto dovremo
ancora degenerare per capirlo?!